Tra competenze e manifattura: a scuola di meccatronica negli Its

Gli Istituti Tecnici superiori risolvono il mismatch tra domanda e offerta di lavoro nelle imprese: per questo sono al centro delle politiche del Miur di Patrizio Bianchi. Sono organizzati secondo un approccio improntato al learning by doing: per questo ben si prestano alle esigenze in continuo mutamento del manufacturing e della meccatronica. E garantiscono un tasso di occupazione a 12 mesi dell’81%, contro il 71,7% di una laurea magistrale. E con i nuovi fondi che si stanzieranno con il Pnrr… Se n’è parlato nel corso del convegno “Le competenze per la Transizione 4.0: l’esperienza degli Its Lombardi”, con i rappresentanti di Confindustria Lombardia, a partire dal presidente Marco Bonometti, con Adapt e il ceo di Bayer Italia Monica Poggio

 

Accademie del made in Italy. Se si chiamassero così, anziché Its, forse non ci sarebbe tutta la resistenza attuale verso quello che rappresentano gli istituti della formazione terziaria. Ovvero i luoghi dove si formano i lavoratori dell’industria 4.0, che sono dotati di competenze tecniche evolute, trasversali, multidisciplinari e pratiche. Costruite secondo un approccio profondamente improntato al learning by doing, che ben si presta alle esigenze complesse e in continuo mutamento della manifattura e della meccatronica in particolare.

Ne hanno parlato nel corso del convegno “Le competenze per la Transizione 4.0: l’esperienza degli Its Lombardi” rappresentanti di Confindustria Lombardia, a partire dal presidente Marco Bonometti; con Adapt e insieme, tra gli altri, all’assessore lombardo a formazione e lavoro, Melania Rizzoli e al ceo di Bayer e referente di Confindustria Lombardia per la valorizzazione degli Its, Monica Poggio.

 

ITS – INDUSTRIA 4.0
Un dialogo attivo in fase progettuale fra formazione e lavoro

Bonometti: «Stringere il legame tra competenze e Industria 4.0»

«Dobbiamo rendere più stretto il legame tra competenze e industria 4.0 – dice Bonometti – dobbiamo muoverci tutti nella stessa direzione. Bisognerebbe prevedere incentivi per le imprese che fanno formazione. E bisogna rendere la formazione terziaria strutturale nell’ordinamento del Miur, perché le aziende richiedono queste figure professionali che escono dagli Its. L’obiettivo è duplice: dare lavoro ai giovani e rispondere alle esigenze sempre più sofisticate delle aziende». Risolvendo una volta per tutte il mismatch tra domanda e offerta che è un enorme vulnus italiano e che con la pandemia ha toccato il picco del 43% (secondo i numeri di Unioncamere-Anpal). «Per poter ripartire le imprese hanno innanzitutto bisogno di reperire le competenze necessarie a Industria 4.0 – continua Bonometti – Quelle digitali, in particolare sono richieste per oltre il 60% dei profili ricercati nel 2020».

Marco Bonometti, presidente Confindustria Lombardia

Gli Its al centro delle politiche del Miur di Patrizio Bianchi

Gli Its sono stati citati anche da Mario Draghi nel discorso di insediamento del governo; e con il Pnrr si prevede un finanziamento massiccio, di 1,5 miliardi di euro. «Negli ultimi dieci anni abbiamo sperimentato in una lunga fase di startup: ora dobbiamo rendere gli Its offerta formativa ordinamentale – così Cristina Grieco, consigliera del ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, per le tematiche legate a regioni ed enti locali – I fondi in arrivo dal Pnnr aiuteranno, ma per dare stabilità allo strumento si devono anche scrivere delle regole chiare e semplici. In questi anni le leggi che venivano pubblicate si sono affastellate senza abrogare le precedenti. Il quadro normativo deve essere semplificato. I finanziamenti vanno sistematizzati, va salvaguardata la flessibilità dei percorsi. Vedo molto bene l’apprendistato nell’alveo degli Its, ma anche in questo caso dobbiamo semplificare: noi abbiamo sette pagine per normare l’apprendistato, in Germania sono due. L’orientamento invece va fatto fuori norma. Ma il punto è che tutto questo questo va fatto adesso».

 

Negli Its un nuovo modo di insegnare e di pensare il lavoro

La Lombardia parte sicuramente parte da una posizione di vantaggio, avendo investito negli anni precedenti in maniera sostanziale. «Già con la Legge di bilancio 2018 erano previsti fondi imponenti per potenziare gli Its, come strumento cruciale per lo sviluppo di industria 4.0, e Regione Lombardia ha stanziato 2,8 milioni per progettare questa nuova formazione», dice Matteo Colombo, ricercatore di Adapt che ha realizzato una ricerca per stimare gli effetti di questo investimento nel sistema regionale. «Innanzitutto i fondi sono stati usati per innovare a livello didattico: un nuovo modo di lavorare richiede un nuovo modo di pensare. Industria 4.0 non è la mera adozione di tecnologie ma un nuovo modo di pensare il lavoro e organizzarlo di conseguenza. Questo si è tradotto negli Its in maggiori ore di stage (pari al 47% del monte ore totale contro il 43% della media nazionale e il minino di 30% richiesto dalla normativa). Così le ore erogate da professionisti sono passate al 75% contro il 70% della media e il 50% richiesto. Il laboratorio è diventato sempre più centrale, così come il ricorso all’apprendistato ed è diffuso l’utilizzo del design thinking. Insomma, le accademie devono contaminarsi sempre di più con il lavoro e questo negli Its è già realtà».

Un effetto importante è stato inoltre lo “spillover”: «le competenze 4.0 sono state introdotte trasversalmente anche in corsi diversi e si è sviluppata una progettualità condivisa con imprese per attività di formazione continua per dipendenti aziendali, ricerca applicata, trasferimento tecnologico, laboratori didattici territoriali. In generale c’è stata una maggior comprensione di industria 4.0 come fenomeno trasversale e impattante tutti i settori produttivi. E di un approccio in cui sia centrale l’analisi dei fabbisogni formativi delle imprese e la collaborazione continua tra questi e le fondazioni per progettare e costruire profili professionali a banda larga. Gli Its ascoltano la realtà».

Patrizio Bianchi, ministro dell’istruzione

Gli Its ascoltano la realtà (e la domanda dell’industria)

Ed è per questo che l’offerta Its, e quella lombarda in particolare, rappresenta una risposta a tutti i temi cruciali dell’industria. Ma non basta. «Anche con i progressi fatti, gli Its sono pochi per una regione a vocazione industriale come la nostra – spiega Barbara Mazzali, presidente del Comitato paritetico di controllo e valutazione del consiglio regionale della Lombardia – Abbiamo l’obiettivo di potenziarli ma anche raccontare perché sono attrattivi, dal momento che gli studenti sono davvero pochi rispetto agli 11 milioni di abitanti della Lombardia e le richieste delle imprese. Anche alla luce del fatto che i giovani che conseguono un apprendistato ha il 16% in più di possibilità di trovare lavoro rispetto a chi ha fatto solo alternanza. Non solo: l’88% degli apprendisti restano in azienda e le aziende che fanno apprendistati diventano più produttive. Abbiamo oggi la missione di comprendere quali fattori possono favorire l’attrattività degli Its: nessuno degli stakeholder può mancare al nostro tavolo, la relazione con le imprese è fondamentale».

 

Come devono cambiare ora gli istituti di formazione terziaria (a partire dalla Lombardia)

Il piano lombardo è ambizioso. «Parlare di Its significa parlare del futuro – secondo l’assessore al lavoro della Lombardia Melania Rizzoli – Dobbiamo cogliere le possibilità che questo momento storico consente, ovvero il margine di manovra straordinario oltre ai 300 milioni del Pnnr stanziati per gli Its lombardi. Dobbiamo fare un salto di qualità. Non è vezzo o vanità, ma necessità assoluta per chi osserva le dinamiche del lavoro in cui emerge in maniera palese che è necessario innalzare il livello di formazione terziaria. Regione Lombardia da anni investe come nessuna altra, la Lombardia ha 3500 allievi, il 21% del totale nazionale ed è la prima regione per Fondazioni Its, ne abbiamo 20 su 104 nazionali (contro 13 Università). Vi sono inoltre altre due fondazioni con sede legale in Veneto che erogano formazione in Lombardia. Dal 2018 al 2020 abbiamo investito oltre 70 milioni negli Its anche con fondi Por Fse. Puntiamo dall’uscita degli Its da una nicchia di eccellenza a un percorso che venga scelto come alternativa all’Università. Parliamo soprattutto alle famiglie per far comprendere loro che non è una scelta di serie B: si tratta di titoli non solo paragonabili a quelli accademici ma che garantiscono lavoro all’uscita, cosa che non si può dire dei percorsi universitari tout court».

Gli Its garantiscono un tasso di occupazione a 12 mesi dell’81%, contro il 71,7% di una laurea magistrale. E questo grazie soprattutto al legame con le imprese: soprattutto le pmi, il 71% delle quali è partner strategico in una fondazione. Nel nuovo modello che si va delineando, secondo Rizzoli, «si devono prevedere incentivi allo sviluppo delle fondazioni esistenti, che devono crescere attraverso il numero di corsi erogati. E bisogna fissare la riconferma automatica dei percorsi erogati dalle fondazioni garantendo continuità di finanziamento, oltre, infine, a sostenere interventi formativi a 360 gradi, allargando il perimetro e aprendo agli over 29, garantendo dunque alle imprese trasferimento tecnologico e formazione continua. Un altro punto è rendere flessibili le attività delle fondazioni per poter avviare i corsi durante tutto l’anno».

Its, imprese e industria 4.0. Linee guida per il potenziamento della sinergia

Il Learning by doing, fin dai primi cicli scolastici

Ma ancora non è sufficiente. Ci vuole uno sforzo imponente in termini culturali, in aggiunta a quanto detto. Uno sforzo che porti l’approccio degli Its a estendersi. «Il learning by doing deve impregnare gli insegnamenti fin dal primo ciclo scolastico», sostiene Augusta Celada, direttore scolastico regionale per la Lombardia. «Quanto agli Its poi esiste una tendenza delle utenze italiane a preferire le università che pure sono prestigiose per tradizione. Negli Its non c’è tradizione, pertanto le famiglie lo vedono come un rischio. È la stessa dinamica che riscontriamo nell’istruzione secondaria, dove in una regione a vocazione industriale come la Lombardia, il 52% degli studenti sceglie il liceo, sotto il 56% della media nazionale ma sempre molto elevata. La sfida sta nella sensibilizzazione di una cultura che consideri il punto di forza degli Its proprio le loro caratteristiche».

 

Gli strumenti per orientare gli studenti (e convincere le famiglie) della bontà della formazione terziaria

«La scuola deve essere un luogo partecipativo in cui uno ci si fermi oltre il suono della campanella perché c’è un laboratorio e un modello didattico innovativo che vada oltre la lezione frontale – suggerisce Giovanni Brugnoli, vice presidente per il capitale umano di Confindustria – in cui si prenda anche il buono che c’è nella dad. Il momento attuale è strategico: se riusciremo a sfruttare questa finestra temporale e i fondi del Next generation Ue, ce la faremo. Riusciremo a superare il 30% di disoccupazione giovanile che dipende dal fatto che accademia e industrie ancora non si parlano. Al contrario, il legame degli Its con le imprese è garanzia di un’alta formazione tecnologica e, soprattutto, garanzia di occupazione. Prima di tutto si deve dunque orientare verso gli Its: sarà l’obiettivo degli Its Pop Days, dal 5 al 7 maggio, dove gli Its lombardi assieme ad altri 90 di tutt’Italia potranno presentarsi a giovani e loro famiglie in una città digitale degli Its».

Successivamente, si dovrà dialogare con il Miur, con il Mise, con il Ministero del lavoro «per partecipare alle nuove politiche attive che mireranno alla riqualificazione che si può fare negli Its. Il tavolo deve essere molto pragmatico, di lavoro, che ci dia in tre mesi un quadro preciso affinché al suono della prossima campanella ci siano certezze per i giovani, per le famiglie e per le imprese. D’altronde l’impresa non cresce senza talenti, il ragazzo non cresce senza formazione, dobbiamo incrociare queste esigenze».

 

FONDAZIONI ITS CON SEDE IN LOMBARDIA

Dove acquisire competenze per mestieri che ancora non esistono

L’orientamento è cruciale, e lo è anche secondo Monica Poggio, ceo di Bayer Italia e referente di Confindustria Lombardia per la valorizzazione degli Its, nonché presidente dell’Its Meccatronici dal 2014. Poggio, per raccontare l’attrattività di un percorso di formazione terziaria, usa la storia di «diplomato di qualche anno fa che aveva lasciato ingegneria per studiare da meccatronico. Al temine del percorso ha accettato un lavoro come tecnico della programmazione di impianti automatizzati all’estero. Ha fatto qualche anno di esperienza. Ci ha scritto per dirci che è stato assunto al Cern. Non tutti finiscono al Cern certo, ma oggi le aziende stanno vivendo una complessità in accelerazione mai vista prima. Vivono in contesti molto cangianti con sfide sempre più pressanti da parte del mercato, mentre la trasformazione digitale imprime un cambiamento dell’organizzazione aziendale rivoluzionaria. Le competenze non riescono a stare al passo. Le aziende hanno bisogno di ascolto per capire di cosa hanno bisogno, e di flessibilità e velocità. Gli Its hanno governance con presenza delle aziende: questo rende possibile adattare ogni volta le competenze alle esigenze del mercato. Non semplificano la complessità ma la ascoltano». Un ascolto che produce le famose figure professionali che ancora non esistono. «In Bayer a Garbagnate abbiamo inserito data scientist che potessero leggere i dataleak e ci siamo resi conto che mancava un traduttore tra essi e linea di produzione e ci siamo trovati a creare il translator che capisse il linguaggio matematico e quello della linea. È un esempio di come si è data una risposta a una complessità per la quale non esisteva alcun corso ad hoc. Il tema è che non c’è più una corrispondenza univoca tra mestiere e ruolo e corso, bisogna ambire a un ruolo acquisendo competenze».