L’impresa che progetta e costruisce secondo un approccio chiavi in mano macchine per l’industria farmaceutica ha creato uno scambio continuo con i Collegi Universitari di Pavia per valorizzare il territorio attraverso percorsi formativi. L’accordo con Assolombarda sede di Pavia per far partecipare i ragazzi dell’Istituto Tecnico Industriale G. Cardano alla vita aziendale e avvicinarli alle professioni meccatroniche. I componenti fatti in casa e il controllo dell’intera filiera produttiva. Ne abbiamo parlato con il presidente Paolo Fedegari
«Esiste un modo per risolvere il mismatch tra offerta e domanda di lavoro nella meccatronica: bisogna innanzitutto far vedere ai giovani, usando il linguaggio della tecnologia che a loro è familiare, come si lavora oggi in fabbrica. Bisogna cioè farli appassionare di qualcosa che ancora non conoscono». A dirlo è Paolo Fedegari, presidente dell’omonima azienda che a Pavia progetta e costruisce secondo un approccio chiavi in mano macchine per l’industria farmaceutica. Si tratta di strumenti a elevato contenuto di automazione e innovazione, oltre che di meccanica. Per riuscire ad attrarre i lavoratori di domani, Fedegari ha costruito uno scambio continuo con i Collegi Universitari di Pavia – infatti, ha appena firmato un accordo di collaborazione con l’Ente Regionale per il Diritto allo Studio Universitario (EDiSU) per la valorizzazione del territorio attraverso percorsi formativi e di crescita degli studenti. In aggiunta «nel 2020 con Assolombarda sede di Pavia abbiamo fatto un accordo con l’Istituto Tecnico Industriale G. Cardano per far partecipare i ragazzi alla vita aziendale e per strutturare nuovi percorsi di formazione alle professioni meccatroniche che nell’immaginario comune sono ancora ammantate di pregiudizi».
Per lavorare nella meccatronica bisogna saper fare gli artigiani
Fedegari spiega la sua visione con un esempio «Non riuscivamo a trovare saldatori: ci siamo chiesti il perché e abbiamo concluso che uno dei motivi principali è legato al fatto che i giovani non sanno cosa fa oggi un saldatore. Abbiamo mostrato loro che l’operaio di una volta non esiste più, al suo posto ci sono tecnici che lavorano su macchine da milioni di euro e hanno responsabilità che non sono banali. Ma questi tecnici, anche se materialmente non eseguono la saldatura a mano, devono sapere come si fa e conoscere le potenzialità e la tecnologia del braccio saldatore, anche e a maggior ragione se si occupano di progettazione».
Un’altra importante innovazione è il percorso formativo in produzione. «Portando l’ufficio tecnico in produzione facciamo in modo che si parlino e lavorino meglio. L’azienda è fatta da persone che devono collaborare e un lavoro da squadra rende migliore il risultato. Non abbiamo linee di montaggio, ma divisioni ognuna delle quali produce un manufatto. In ciascuna, similmente ad una microazienda, c’è una competenza».
La sartoria degli impianti per il pharma
Competenze diverse e complesse. Fedegari si occupa di realizzare soluzioni nel campo della sterilizzazione e per il controllo della contaminazione ambientale. Lo ha fatto per tutti i colossi nazionali e internazionali della farmaceutica come Glaxo Smith Kline, Sanofi, Pfizer, Novartis, Merck Sharp & Dohme e molti altri. Paolo Fedegari, insieme al fratello Giuseppe (ceo) rappresenta la seconda generazione della famiglia, che negli anni ’50 ha fondato il gruppo ad Albuzzano di Pavia. Tutto nasce dalla lattoneria dei fratelli Giampiero e Fortunato. L’anima artigianale è rimasta nell’approccio sartoriale che si adotta per ogni macchina, ma oggi Fedegari è cresciuta fino a essere presente in 100 paesi con sedi in Usa, a Lugano, in Germania (Francoforte), a Singapore, in Cina (Shanghai), Russia (Mosca) e India (Hyderabad). Con 550 dipendenti e un fatturato che per il 90% proveniente dall’estero (e per un terzo dai mercati asiatici).
Il modello di business
L’azienda si caratterizza per l’approccio tailor-made e il controllo dell’intera filiera produttiva. Produce macchinari e sistemi integrati prevalentemente su commessa, con un alto livello di personalizzazione sia in termini di processo che di dimensioni e caratteristiche. «Ogni macchina richiede un tempo di progettazione e realizzazione che va dai 6 ai 18 mesi durante i quali i clienti prendono parte attiva al processo – spiega Fedegari – Ogni anno nella sede di Albuzzano vengono realizzati oltre 200 macchinari che, nella fase finale, vengono sottoposti a un processo di collaudo funzionale, il factory acceptance test, durante il quale clienti da tutto il mondo vengono ospitati nei nostri stabilimenti per verificare la qualità dei macchinari prodotti e il corretto funzionamento».
Componenti fatti in casa
Ma non solo: ogni singolo componente è concepito e realizzato “artigianalmente” all’interno degli stabilimenti e là è assemblato in modo autonomo, senza intervento di terzi. «Lamiere e barre, valvole, raccordi e corpi in pressione: siamo in grado di produrre tutto, a eccezione dei quadri elettrici, che ci vengono forniti da una società esterna che da quest’anno è entrata a fare parte dal gruppo Fedegari – spiega il presidente – si tratta di una scelta storica fatta da mio padre perché ai tempi non esistevano sul mercato per esempio valvole sanitarie modulanti, di acciaio inossidabile. Questo ci rende una mosca bianca nel nostro settore. Una scelta che ha sempre pagato perché è qualcosa che ci permette di avere un controllo totale della qualità; anche nel corso della pandemia ha consentito che il lavoro proseguisse quando i competitor dovevano rallentare perché era impossibile rifornirsi. Nel tempo, se non avessimo avuto questo modello, avremmo sofferto la progressiva deindustrializzazione di Pavia e il fatto che i fornitori sono sempre meno».
Un anno difficile e il cambiamento necessario
«La pandemia ha comunque impattato sul nostro modo di lavorare e questo si è riflesso sulla produzione e sulla produttività. «Così il fatturato ha tenuto, ed è anzi cresciuto dai 74 milioni 2019 ai 78 del 2020, e la situazione patrimoniale è rimasta solida con previsione di chiusura tra gli 80 e gli 82 nel 2021, dice Fedegari – nonostante il blocco degli spostamenti all’estero, che ci ha limitato l’erogazione dei servizi in loco». Una situazione che ha spinto il presidente a riflettere e ad adattare «il modello di lavoro. Non potendo ospitare i clienti abbiamo implementato un sistema che consentisse di fare il collaudo virtualmente. Questo non vuol dire semplicemente accendere la telecamera e far vedere al tecnico che tutto è a posto. Abbiamo colto l’opportunità per accelerare il progetto di digitalizzazione della azienda, così da condividere a distanza le informazioni sia sul funzionamento della macchina sia su tutto il processo pre e post vendita».
Un cambiamento che poi è diventato pervasivo. «La trasformazione digitale dell’azienda ha apportato modifiche ad ogni cosa, dalla produzione alla gestione del personale, ma stiamo lavorando per mutare soprattutto la mentalità. Serve un cambiamento culturale per affrontare le sfide del mercato». Proprio per questo motivo, dal primo aprile 2021 Fedegari conta sulla esperienza del Ing. Stefano Nanni nel ruolo di direttore generale. «l’inserimento di figure nuove esterne alla famiglia è l’ultimo passaggio della nostra evoluzione e consente all’azienda di sopravvivere a noi, creando qualcosa che anticipi il futuro e senza limitarci a subirlo».
Un contributore allo sviluppo delle Life Sciences
E per il futuro l’obiettivo è continuare a contribuire «in maniera significativa allo sviluppo del settore Life Science, che solo in Italia costituisce il 10,7% del Pil e copre il 10% dell’occupazione nazionale con risorse dedicate alla ricerca e innovazione di circa 2,8 miliardi di euro (Dal Rapporto Annuale 2018 Filiera della salute di Confindustria)», dice Nanni che spiega che a fare la differenza è l’anima hi tech del gruppo che già nel 2004 faceva industria 4.0, con il controllore di processo Thema4 sviluppato in house e capace di gestire tutte le macchine industriali prodotte dal gruppo, garantendo una totale integrazione tra di loro. «Negli anni – continua Nanni – Fedegari, che aderisce alla filiera Life Science di Assolombarda, è divenuta un benchmark tecnologico per il settore del Life Science avendo utilizzato da pioniere diverse tecnologie come l’Internet of Things applicata a sensori capaci di captare possibili variazioni alle funzionalità dei sistemi; Realtà Aumentata per permettere la manutenzione in modo facile ed immediato. Questa specializzazione ci ha consentito di trovarci già in una fase avanzata del processo di digitalizzazione, rispetto ai concorrenti, quando la pandemia ha reso evidente che fosse un percorso necessario per tutti».
L’impegno nella ricerca
Per dotarsi di questo apparato all’avanguardia Fedegari ha sempre spinto molto sulla ricerca, con investimenti in tecnologia ed infrastruttura. Ad esempio, circa 40 ingegneri sono impegnati nella progettazione e 10 nel dipartimento R&D, che a Pavia rappresenta un fiore all’occhiello. «Il Technology Center di Albuzzano – racconta Nanni – occupa una superficie di 3.500 metri quadri. È un ambito talmente importante che nel 2015 l’azienda ne ha inaugurato un secondo in Pennsylvania: uno spazio di innovazione, formazione e ricerca che ha previsto un investimento iniziale di circa 2,5 milioni di euro tra struttura e macchinari installati. Con l’ultima espansione – in fase di conclusione- il Tech Center in America offrirà oltre 3.000 metri quadri dove accademici e tecnici continueranno a lavorare insieme ai clienti allo sviluppo di soluzioni innovative nel campo della sterilizzazione, lavaggio e controllo della contaminazione, uno spazio unico nel panorama dell’industria farmaceutica mondiale».
Oltre a macchinari per effettuare test e un’area dedicata all’assistenza tecnica, la struttura prevede aule dedicate a corsi e training dove i clienti, e non solo, vengono formati sull’utilizzo dei macchinari, aiutandoli a sfruttare al 100% le macchine Fedegari, in modo da apprezzarne i vantaggi competitivi e l’eccellenza qualitativa. E per il futuro, conclude Fedegari, «abbiamo un piano di ampliamento molto articolato, ma per fare M&A strategico dobbiamo crescere ancora. Negli anni ci siamo portati all’interno nuove tecnologie con piccole acquisizioni finalizzate ad ampliare la gamma di prodotti per poter offrire non solo l’autoclave di sterilizzazione ma altre macchine di processo oltre a sistemi di carico e scarico robotizzati, soluzioni a valle e a monte della camera sterile. Inoltre, oggi siamo in grado di fornire servizi di eccellenza ed impianti innovativi, come general contractor, sfruttando le conoscenze acquisite in questa nicchia che presidiamo».